Grazie di esistere. "Godzilla in Giappone."
Grazie di esistere rappresenterà d'ora in poi lo spazio per raccontare quelle persone che ognuno di noi incontra, incrociandole per strada, al ristorante, in coda al Gs che ti risollevano la giornata. Questo post è dedicato a coloro che inconsapevolmente, con la loro ingenuità, rendono questo mondo migliore, o anche solo un pò più comico.
Sabato, ore 14:00, io e la mia amica Sballo pranziamo al Giapu quano ad un certo punto entrano nel ristorante cinque loschi figuri (figuri??) vestiti da volontari della Croce Rossa. Tanto per cominciare se devo chiamare il 118, dopo sabato, ci penso due volte. Nel gruppo, tra tutti troneggia (troneggia??) uno di loro. Leader carismatico, conosce a menadito il menu del locale, le abitudini usi costumi nipponici, la lingua, e la cameriera; al telefono parla con un amico:"Si. Siamo qui. Vicino a Porta Nuova, si, dove paghi poco e mangi quanto vuoi che c'è il disco che gira (si, il nostro disco che suona. Penso alludesse al carrello rotante su cui scorrono i piatti). Si, ma dai checccittrovi. Vedi l'ambulanza in mezzo alla strada (sempre meglio). Si.Ora ci sediamo, noi cominciamo, ti teniamo un posto vicino a noi.(No ti prego, io al ristorante ci vengo, ma vicino a voi proprio no. Posso pranzare da solo, coltivando la mia solitudine?)" Il cretino, ops, il nostro eroe chiude la chiamata, si siede e chiama il cameriere: "Possiamo mangiare quanto vogliamo?". Il terrore più puro negli occhi a mandorla, l'impulso di rispondere:"Possibilmente se questo non coincide con il fallimento dell'attività fondata da mio nonno, curata da mio padre e trsmessa a me, con cui intendo mantenere i miei otto figli". Un'unica flebile risposta: "Celto".
Godzilla, a capo della squadra, inizia ad afferrare le portate una dopo l'altra, anzi, anche due o tre insieme. Gli arti si moltiplicano come quelli della dea Kalì, i ritmi si intensificano, le mani entrano in competizione con la mandibola. Sushi, alghe, zuppa, pollo, totani e ogni tipo di pesce, chele di granchio, riso, spiedini di cui non sopravvive neanche il legno, cozze ingoiate guscio e tutto. Mentalmente io e la mia amica ringraziamo di essere arrivate alcuni minuti prima, e di aver concluso il pranzo prima del loro arrivo. Sul carrello davanti a noi per tre quarti d'ora non passa altro che melone e uva. Quando ci alziamo per pagare i nostri eroi si leccano i baffi. Tutti meno uno. Godzilla è visibilmente esausto, ha gli occhi iniettati di sangue, osserva un punto fisso sul tavolo e suggerisce agli amici: "Questo non prendetelo." Ascolto la conversazione, e vinta dalla curiosità osservo l'oggetto indicato. Questo sta per il contenitore del Wasabi, che il nostro uomo(si fa per dire), cucchiaino dopo cucchiaino come con lo yogurt tanto per intenderci si è finito. Sono troppo sconvolta anche per pagare. Ora, io non so se siate già stati tutti in un sushi bar, ma il contenitore del wasabi è uno strumento di tortura denunciato da amnesty, lasciato all'uso moderato e consapevole di ogni commensale. Cioè, a differenza degli altri piatti da portata, è un vasetto da cui attingere (pochino pochino) e riporre di nuovo sul carrello affinchè anche il commensale seduto dopo di te possa morire un poco. Ora, avendolo assaggiato, mi chiedo se GrandeGrossoeCoglione sia ancora vivo.
In qualunque caso se non sono svenuta dal ridere è stato solo per il timore di essere soccorsa dalla Croce Rossa.
Wikipedia: Secondo il lavoro di un gruppo di ricercatori della Facoltà di medicina dell'università di Firenze, pubblicato dalla rivista americana Proceedings of the national academy of sciences (Pnas), il consumo regolare di wasabi sarebbe in grado di alzare la soglia di percezione del dolore, grazie all'effetto del wasabi receptor. E con questo è detto tutto.